His own story
Frank Zappa nasce il 21 dicembre del 1940 a Baltimora, nel Maryland, da genitori di sangue italiano (ma anche francese, arabo e greco).
Trasferitosi con la famiglia in California, a 12 anni inizia a interessarsi alle percussioni e nel 1956 suona già la batteria in un gruppo chiamato Ramblers. La sua educazione musicale giovanile, tuttavia, va molto oltre il canonico interesse per il rock’n’roll e il rhythm&blues (anche se sono Howlin’ Wolf, Muddy Waters, Johnny “Guitar” Watson e Clarence “Gatemouth” Brown ad accendergli la passione per la chitarra elettrica): il giovane Frank, infatti, coltiva grande interesse anche per la musica orchestrale, per le colonne sonore e per le composizioni d’avanguardia di Edgar Varèse.
Dopo un oscuro apprendistato come autore di canzoni e arrangiatore (e qualche 45 giri a suo nome finito subito nel dimenticatoio), nel 1964 fonda le Mothers Of Invention (con Ray Collins, Jim Black, Roy Estrada e Elliot Ingber): il primo disco della band, FREAK OUT!, esce due anni dopo lasciando a bocca aperta per la fantasiosa e anarchica mescolanza di rock, psichedelia, sperimentazione, doo wop, music hall e gag iconoclaste.
Anche i successivi dischi per la Verve sono un fuoco di artificio di creatività: ABSOLUTELY FREE (con la celebre “The duke of prunes”), WE’RE ONLY IN IT FOR THE MONEY (che mette alla berlina la controcultura e il “Sgt. Pepper” beatlesiano) e LUMPY GRAVY (con la partecipazione di una grande orchestra) ne confermano il talento incontenibile, enciclopedico, bizzarro e irriverente, alternando musica concreta a canzoncine apparentemente stupide, rumorismo beffardo a testi senza peli sulla lingua, scurrili, sarcastici, polemici e spesso a sfondo sessuale (i bersagli preferiti degli strali umoristici di Zappa, nell’arco di tutta la carriera, saranno i moralisti, gli integralisti religiosi, i politici e certa “American way of life”).
Dopo un nostalgico e divertito omaggio doo-wop pubblicato a nome degli “alter ego” Ruben and the Jets si consuma l’inevitabile divorzio dalla Verve e Zappa, in società con il manager Herb Cohen, fonda una propria etichetta che reca l’appropriato nome di Bizarre: è il momento dei dischi più ammirati e maturi del catalogo, con le ardite fusioni jazz rock di UNCLE MEAT e del capolavoro HOT RATS, il primo album senza le Mothers con cinque brani strumentali, una nuova band in cui spiccano lo straordinario violino di Jean-Luc Ponty e un cameo vocale dell’amico Captain Beefheart.
Di lì in poi, complice anche la libertà artistica finalmente conquistata, la discografia di Zappa inizia a frastagliarsi in una galassia di uscite che documentano una creatività sfrenata, affiancando alla produzione “ufficiale” pezzi e frammenti lasciati per strada e successivamente recuperati.
Cambiano spesso anche i compagni di ventura: gli ex Turtles Mark Volman e Howard Kaylan (che esordiscono in CHUNGA’S REVENGE) lo convincono momentaneamente (e con grande disappunto dei fan storici) a privilegiare il lato più leggero, canzonettistico e umoristico del suo repertorio; Ringo Starr fa una comparsa nel film 200 MOTELS (dove interpreta lo stesso Zappa) e nella relativa colonna sonora orchestrale. Dopo avere collaborato con John Lennon e Yoko Ono (nel concerto del giugno 1972 al Fillmore East documentato nell’album “Sometime in New York City”), il musicista italoamericano torna al jazz rock con WAKA/JAWAKA e THE GRAND WAZOO (con George Duke e Aynsley Dunbar a rinforzare la line-up). Poi, siglato un accordo con la Warner Bros, incassa con APOSTROPHE (‘), nel 1974, l’unico disco d’oro e da Top Ten in carriera (il brano trainante della raccolta è “Don’t eat the yellow snow”). Nel 1975, per un tour immortalato dal live BONGO FURY, si riunisce a lui Captain Beefheart, mentre l’anno successivo, con ZOOT ALLURES, esordisce una nuova formazione che include tra gli altri il nuovo batterista Terry Bozzio.
Malgrado le beghe legali che lo oppongono alla Warner, è un altro momento di grande slancio creativo: SHEIK YERBOUTI, nel 1979, è una delle sue opere più godibili ed effervescenti, con un altro 45 giri di buon successo, “Dancin’ fool”; il brano “Jewish princess” ne conferma però lo status di personaggio politicamente scorretto scatenando le ire della comunità ebraica. Poco dopo, i tre atti del “musical” JOE’S GARAGE ribadiscono la sua verve e l’abilità nello sberleffo, prendendo di mira l’ottusità di certa America e le inclinazioni reazionarie del governo negli anni di Ronald Reagan.
Mentre i fan si deliziano con una serie di raccolte che montano assieme alcuni dei suoi migliori assoli di chitarra (Zappa è un “guitar hero” sui generis, e ama circondarsi di altri grandi talenti dello strumento come Adrian Belew, Steve Vai e Warren Cuccurullo), l’imprevedibile artista continua a mischiare le carte in tavola e nel 1982 strappa una imprevista hit grazie a “Valley Girl”, beffardo e scanzonato ritratto di ragazza californiana registrato assieme alla figlia Moon Unit (il singolo è incluso nell’album SHIP ARRIVING TOO LATE TO SAVE A DROWNING WITCH). Subito dopo, con uno di quei salti mortali che gli sono caratteristici, si rituffa nel suo grande amore, la musica colta ed orchestrale, collaborando prima con Kent Nagano e poi con Pierre Boulez, chiamato a dirigere una sua composizione intitolata THE PERFECT STRANGER.
Dopo un curioso esperimento di musica elettronica-barocca (FRANCESCO ZAPPA, ispirato alle composizioni di un omonimo musicista milanese del XVIII secolo), in THEM OR US fa esordire a suo fianco il figlio Dweezil, lui pure virtuoso della chitarra; JAZZ FROM HELL (1986) vede invece Frank cimentarsi in solitaria e destreggiarsi al sintetizzatore Synclavier. Mentre si dedica al recupero di nastri live ricavati dal suo sterminato archivio (con la serie YOU CAN’T DO THAT ON STAGE ANYMORE), Zappa progetta un ultimo colpo di scena memorabile: THE YELLOW SHARK, splendido live in bilico tra pagine storiche e nuove composizioni inciso con l’aiuto di una formazione tedesca di musica classica e contemporanea, l’Ensemble Modern.
A quel punto Zappa è già malato e sofferente per un tumore alla prostata che lo costringe a sedute di chemioterapia; la morte lo coglie il 4 dicembre 1993, mentre sta lavorando a un nuovo progetto, CIVILIZATION PHAZE III, basato in parte sul recupero di nastri risalenti alle sessions dell’antico LUMPY GRAVY.
Dopo la sua morte si riversano sul mercato una montagna di live, compilation di rarità e ristampe, curate dalla Rykodisc (cui Zappa aveva ceduto la licenza del catalogo) e dalla famiglia del musicista.