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Gli MC5 sono stati un gruppo musicale garage formati in Michigan nel 1964, il quintetto era capitanato da Rob Tyner e affiancato dalla chitarra di Fred Smith e Wayne Kramer. Ai tre si aggiungevano Michael Davis al basso e Dennis Thompson alla batteria. Per i loro forti riferimenti politici generati dalla penna di John Sinclair e per il sound irruento e volutamente provocatorio sono considerati i padrini del punk. La loro musica però ha radici saldamente piantate nel rock’n’roll più selvaggio a cui mischiavano passaggi psichedelici, virate blues e pesanti mazzate hard rock. In tre anni di vita pubblicano tre dischi, poi nel 1972 dopo un calo compositivo, la perdita di Sinclair e la messa alla porta da parte di entrambe le etichette, Elektra e Atlantic, si sciolgono definitivamente. Fra le curiosità su questo disco annoveriamo la critica aspra di Lester Bangs su Rolling Stone, rivista che successivamente lo includerà al 294° posto dei 500 dischi rock più importanti. Il significato del titolo, almeno per come lo intendeva il pubblico, si riferiva alla distruzione delle restrizioni. Per gli MC5 significava smettere di jammare sul palco quando la cosa si stava prolungando troppo. Una sorta di frase esoterica per delimitare il punto di svolta della serata. Nel 1990, in un’altra intervista, Kramer afferma che il significato era legato alle esibizioni un po’ mosce delle band inglesi che suonavano al Grande Ballroom di Detroit. Secondo il parere degli MC5 non ci mettevano abbastanza energia.

Registrato fra il 30 e 31 ottobre 1969 (Halloween), al Detroit’s Grand Ballroom (luogo di culto per la controcultura), Kick Out The Jams segna una svolta definitiva nella loro carriera e sul futuro del punk. L’idea di registrare l’esordio dal vivo fu di Sinclair, convinto che c’era un solo modo per imprigionare la loro energia, evitare lo studio di registrazione era la chiave, la soluzione. Dopo l’esibizione degli Stooges di Iggy Pop, ci pensa J.C. Crawford a galvanizzare il pubblico urlando “I wanna hear some revolution out there, brothers. I wanna hear a little revolution“. Mentre i presenti fremono, la band sferra un attacco violentissimo attraverso l’incipit di un misconosciuto rock’n’roll intitolato Ramblin’ Rose (Ted Taylor). Se il falsetto di Kramer può farvi pensare a una versione dei Canned Heat la potenza di fuoco del quartetto sul palco è qualcosa che i sismografi dell’epoca sicuramente registrarono. Niente sarebbe stato più lo stesso dopo quest’apertura infernale. La registrazione diretta, il piglio guerrigliero, la distorsione potente e l’attacco al fulmicotone di Kick Out The Jams elevano questo disco a uno dei più riusciti, energici e devastanti live mai registrati. Velocità, caos e rancore anfetaminico rendono Kick Out The Jams un archetipo proto (hard rock) punk. Tutti i grandi, dai Blue Öyster Cult fino ai Rage Against The Machine, si sono misurati con questo brano, registrandone versioni personali ma sempre nel rispetto della lezione impartita da Tyner e soci.

Ancora più infernale è il sound di Come Together, fatto di sezione ritmica selvaggia e chitarre sferraglianti, trasuda acido innalzando pericolosamente il livello di tensione dentro la sala. Pari, per piglio aggressivo e violenza distruttiva, è Rocket Reducer No. 62 (Rama Lama Fa Fa Fa) un altro archetipo del punk che verrà. Ma come accennato su, non mancano spunti blues in Motorcity Is Burning, del mai troppo compianto John Lee Hooker, qui rinvigorita da iniezioni hard e disturbanti feedback, delizia di ogni ascoltatore dotato di orecchie buone e stomaco foderato. Sorvolando su I Want You Right Now, che altro non è se non Wild Things dei Troggs, si arriva al conclusivo piecè de résistance spaziale Starship, i cui crediti vanno anche a Sun Ra per via dei testi presi da un suo romanzo. Starship è quel che si dice una vetta inarrivabile, è una space-jazz jam delirante, partorita da menti al limite dell’internamento nel reparto neuropsichiatrico. Immersi in quei pochi ma definitivi frammenti di musica si sentono slogan, rantoli, urla e assoli prima della catarsi finale in cui la band lascia il palco liberando il pubblico dalla sua schiavitù.

Se prendessimo come esempio la scala Richter e quella Mercalli, misurando con la prima l’intensità e con la seconda i danni riportati dal sisma che colpisce l’ascoltatore, Kick Out The Jams toccherebbe il 10, un sisma catastrofico dalle cui ceneri il rock rinascerà violentemente. Gli MC5 non raggiungeranno mai più una tale potenza espressiva. Nonostante le recensioni del periodo fossero contrastanti e le polemiche sul linguaggio esplicito aspre, questo monolite si è costruito da subito un posto d’onore fra i grandi monoliti del rock. Status consolidato con il tempo. ma con grande difficoltà considerato che Hudson si rifiutò di distribuirlo e che l’Elektra eliminò motherfuckers sostituendolo con brothers and sisters. Nonostante tutto è impossibile non annoverarlo fra i dischi più importanti degli anni settanta.

"Attenzione, chi possiede la stampa italiana (censurata) del 1969 della Vedette Records – VPA 8106, qualche anno fa valeva intorno ai 250 euro", ovviamente bisogna vedere le condizioni in cui è tenuto il disco.   *

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