"Aftermath" è il primo album degli Stones a contenere esclusivamente brani scritti da Jagger/Richards.
Pubblicato il 2 Luglio 1966, quando ormai la loro fama li precedeva grazie a pezzi indimenticabili come "(I Can't Get No) Satisfaction" e "Get Off Of My Cloud".
L'album infila una serie di pezzi che rappresentano tanto il meglio quanto il peggio degli anni 60, con momenti in grado di non invecchiare di un solo giorno a distanza di anni.
"Paint It Black" è il manifesto programmatico della poetica degli Stones, libera presa di posizione contro il perbenismo borghese degli adulti, in questo senso vera incarnazione della primordiale ribellione di Elvis.
"Stupid Girl" si costruisce su un beat regolare, ma non è una canzonetta, sia per il testo che sembra proprio scagliarsi contro le tipiche fan del genere dei Beatles, sia per un uso decisamente più violento delle chitarre.
"Lady Jane" è una delicata ballata d’amore, ma l’amore di cui si parla non è idealizzato, il cantante si sottomette ad una Lady Jane che più che una dolce compagna sembra essere una padrona.
"Under My Thumb", base jazz-funk con aggiunta di vibrafono ( Brian Jones), un pezzo che davvero si impregna di quella innocenza incosciente e fiduciosa degli anni 60.
"Doncha Bother Me", "Think" e "Flight 505" sono tre classici: blues rurale il primo, blues-rock il secondo, jazz fumoso declinato in chiave beat il terzo.
"High And Dry" è un pezzo di blues delle origini, ma dalle radici nasce: "It’s Not Easy" che ripropone quel sound veloce e corrosivo tipico delle tracce precedenti.
"I Am Waiting" è riconducibile alle sonorità psichedeliche tipiche degli anni ’60, il pezzo si conclude in fade out per lasciare spazio all'ultima bellissima traccia: "Going Home".
In conclusione, è uno dei dischi più significativi della discografia dei Rolling Stones, storicamente cruciale e per quanto mi riguarda immortale.