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After Bathing at Baxter`s

Era il 1963 quando, l’attivista-cantante Joan Baez, con la sua partecipazione al sit-in nel campus universitario di Berkeley volle sostenere, con estrema fermezza, la posizione del movimento studentesco di protesta per i diritti e la libertà di stampa: il Free Speech Movement (FSM). Ben presto, gli indissolubili ideali di pensiero contro generazionale, ereditati già dai lontani anni quaranta, divennero maturi e si dichiararono alla società con le prime proteste universitarie, con il discorso dell’agosto del ’63, “I Have a Dream”, di Martin Luther King, simbolo della contestazione non violenta nei confronti della differenze razziali, con i gruppi di opposizione alla guerra nel Vietnam e in tutti i movimenti per l’impegno per diritti civili e per il pacifismo. Dopo l’assassino del novembre del 1963 di John Fitzgerald Kennedy, il 36° Presidente Lyndon B. Johnson, nell'agosto del 1964, si presentò di fronte al Congresso degli Stati Uniti facendosi dare pieni poteri per avviare le azioni militari: iniziava la guerra del Vietnam e nel 1965 cominciarono i primi bombardamenti aerei nello Stato del sud-est asiatico.
Un preludio di tutti quei fenomeni sociopolitici che emergeranno nelle contestazioni sociali di lotta studentesche e che, carsicamente, giungeranno successivamente anche in Europa e nel resto del Mondo, nel tardo sessanta. In quel periodo, ogni studente, giovane, idealista, portava sotto il proprio braccio alcuni scritti del filosofo e sociologo Herbert Marcuse che, con la sua teoria dell’emancipazione e utopia sociale, fu il punto di riferimento storico-letterario del periodo delle contestazioni sociali e che persuase, in particolar modo, molti giovani studenti proprio degli anni della contestazione del 1968.
In questo periodo di congiuntura storico-sociale, le idee presero una forma concreta e globale, per riuscire a realizzare una dissimile forma di società anti-autoritaria, libera da convenzioni, repressioni e stereotipi. Gli ideali quali la libertà, la pace, la lotta ad ogni forma di censura e la stessa libertà di parola, divennero, per molti giovani artisti, studenti, musicisti, filosofi e letterari, elementi su cui edificare un dissimile momento storico e sociale senza precedenti, con un chiaro concetto di civiltà comunitaria fondata primariamente sul pensiero di libertà. Un concetto stimolato dalla teorie dal Presidente Roosevelt, con le “quattro libertà umane essenziali” e che, lentamente, percorreranno quei viottoli beatnik del quartiere di North Beach, che si intrecceranno con la letteratura, l’arte, la musica e all’uso incontrollato di sostanze stupefacenti, per ritrovarsi in quelle peculiari abitazioni vittoriane del quartiere di Haight-Ashbury e divenire, stabilmente nell’estate del 1967, quel travolgente, tanto quanto opinabile, avanguardistico movimento controculturale di massa. Nello stesso anno il numero dei soldati impegnati nella guerra del Vietnam raggiungeva già quota 500.000.
San Francisco Bay Area, divenne la città simbolo per la lotta al controllo e l’esaltazione di ogni forma di libertà espressiva, una culla per ricostituire non solo quella via per la liberazione culturale, ma anche quella artistica, musicale, spirituale e soprattutto ristabilire una fondamentale pace universale, ideali che diventeranno l’emblema concettuale e teoretico del fronte dei figli dei fiori. Come non ricordare la canzone bandiera generazionale hippie di Scott McKenzie, quando cantava: If you're going to San Francisco, be sure to wear some flowers in your hair… (trad.: Se state andando a San Francisco, assicuratevi di avere dei fiori fra i vostri capelli…). Il frequente uso di sostanze stupefacenti, tra l’altro già molto presente dagli anni ’60 nel mondo della musica jazz e blues, si collegò in qualche modo alle varie tendenze sotterranee presenti nei circoli culturali del periodo, riuscendo a veicolare messaggi chiari e diretti alla società come, per esempio, l’opposizione alla corsa agli armamenti nucleari ed alla violenza sotto ogni forma. Proprio per questo motivo i primi gruppi musicali suonavano solitamente con generi definibili rurali, quindi tecnicamente semplici, come il folk e l’hillbilly oppure il blues, poiché questi stili, oltre a veicolare adeguatamente il messaggio di fondo, risultavano essere un buon sistema per aiutare a far rinvenire quelle arcaiche radici culturali del passato, fondamenti del pensiero hippie. Per sintetizzare rapidamente lo stile di vita controculturale dei figli dei fiori, possiamo rammentare lo scrittore e degno rappresentante letterario della beat generation, Norman Mailer, che scrisse in merito: divorziarono dalla società, vissero senza radici e intrapresero un misterioso viaggio negli eversivi imperativi dell’io.
Ben presto la psicologia si amalgamò con la chimica e il sapere sciamanico tornò ad incuriosire l’uomo, elementi che permisero di scoprire quell’uomo nuovo celato nell’io e per ri-orientarlo nella strada che conduce verso la nuova Terra. Da Ken Kesey con i Merry Pranksters, per giungere alle singolari teorie di apertura mentale di Timothy Leary, tanti giovani del periodo e, in seguito anche la musica stessa, si mischiarono con un utilizzo incontrollato del LSD, divenuto esclusivo mezzo possibile per raggiungere un nuovo stato mentale e riuscire a mettere quelle profonde sensazioni che emergevano dalla psiche alterata, al servizio della loro arte. L’acido lisergico ruppe definitivamente quei tabù musicali imposte dall’occidente e divenne rapidamente l’argomento principale dei testi di tantissime band come, per esempio, i The Charlatans, i The 13th Floor Elevators, i Grateful Dead ed anche i Jefferson Airplane. Dunque, quel viaggio verso un’area ignota era iniziato e le porte della percezione erano state ormai dilatate e la musica, trasportata nell’aria da un suono elettrificato, aveva preso comunemente il nome di rock psichedelico.
Con il precursore evento “Human Be-In” al Golden Gate Park, le incitazioni sinestetiche di Timothy Leary tramite l’inno Turn On, Tune In, Drop Out (trad.: Accenditi, sintonizzati, sganciati) fino ad arrivare al primo vero festival rock della storia: il Monterey Pop Festival, il flower power era nel suo massimo punto attrattivo. Era il 1967 e l’estate dell’amore aveva non solo stravolto la comunità decretando la nascita mediatica del movimento hippie, ma anche di alcune forme d’arte alternativa: dalla rivista giornalistica edita in stile gonzo Rolling Stone con le incantevoli copertine del fotografo Gered Mankowitz, alla satira politica ed ai fumetti, fino agli innumerevoli handbill, postcard e poster dei concerti realizzati appositamente da artisti del calibro di Wes Wilson, Stanley Mouse, Victor Moscoso e Rick Griffin in particolare per i numerosi eventi che organizzava il demiurgo impresario Bill Graham nel Fillmore East. Il Monterey Pop Festival era riuscito a riunire, su di un unico palco, innumerevoli band: dai Quicksilver Messenger Service, ai Big Brother & The Holding Company, alla Steve Miller Band, ai Grateful Dead, ai The Who e fino a Jimi Hendrix, ma grazie alla combinazione di una voce femminile come quella di Grace Slick, la band di spicco dell’evento furono, sicuramente, i Jefferson Airplane, già sotto contratto con label RCA Victor. Certamente il festival consacratore attirò l’attenzione di tantissime case discografiche, poiché intravedevano nell’era lisergica come un periodo di grandi profitti economici e tantissime band firmarono preziosi contratti con prestigiose case discografiche, ecco perché la musica degli anni sessanta rappresentò un aspetto preponderante e caratterizzate che descrisse, totalmente, il periodo di contestazione sociale e della lotta al conservatorismo fino alla fine dei suoi giorni.

Il primo giugno del 1967 il gruppo britannico dei Beatles aveva pubblicato il disco dal titolo divinatorio: Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band; i Pink Floyd, con Syd Barrett, debuttarono con The Piper at the Gates of Dawn; Andy Warhol aveva prodotto Lou Reed e, insieme a Nico ed ai Velvet Underground, cantavano Sunday Morning ed Heroin; Frank Zappa ed i The Mothers of Invention pubblicarono il satirico disco Absolutely Free; Jimi Hendrix aveva regalato due perle innovative, prima con l’album esordio Are You Experienced e poi con Axis: Bold as Love; la Elektra Records aveva pubblicato The Doors e Strange Days ed i Grateful Dead stavano discernendo la giusta via commerciale discografica, ma i Jefferson Airplane, in seguito al colosso successo di Surrealistic Pillow, erano divenuti i degni rappresentanti discografici del movimento flower power e della musica lisergica nativa della Bay Area. Marty Balin e i suoi Jefferson Airplane, spinti fortemente dalla label e questa volta anche dalla inventiva sperimentale di Paul Kantner, riuscirono rapidamente e nello stesso anno, a confezionare un prodotto decisamente dissimile dal precedente, dal sapore musicale controverso, rivoluzionario e sperimentalmente anarcoide dal titolo After Bathing At Baxter's. Lungo i solchi del vinile si possono assaporare tutte le varie, quanto innumerevoli, sfaccettature tecnico-melodiche di una band capace sia di eseguire performance live di assoluto spessore e sia di riuscire a comporre musica di ottima qualità con capacità di scrittura musicale assolutamente travolgente e differente ogni volta: così fu lo psichedelico Surrealistic Pillow, così fu il libertario quanto disco glorificatore dell’acido lisergico, After Bathing At Baxter's, così lo sarà, nel 1969, Volunteers con il suo canto ribelle e di critica radicale nei confronti del sistema.

È la mano del fumettista Ron Cobb a disegnare la cover di After Bathing At Baxter's che, con uno stile che ricorda la matita di Heath Robinson con le sue macchine impossibili, ci illustra un mondo dilaniato dal capitalismo. Un fantasioso aereo a forma di abitazione sorvola, a bassa quota, una città divenuta un luogo nella quale vengono depositati i rifiuti e, nel contempo, vi abitano le persone in uno scenario inquietante, frutto del sistema capitalistico perpetuato dal meccanismo monetario consumistico. Un disco strutturato in cinque suite: lato A: 1. Streetmasse, 2. The War is Over e 3. Hymn to an Older Generation; nel lato B: 4. How Suite It Is e 5. Shizoforest Love Suite. Il vinile fu volutamente inciso cercando di mantenere una soluzione di continuità e di sequenzialità tra una traccia ed un’altra, senza stacchi, praticamente come se si ascoltasse un unico grande brano, rendendo l’ascolto molto gradevole. Spalanca il disco una meravigliosa chitarra in feedback su tono, che ci introduce nel primo brano costituito su di un suono atonale: è The Ballad of You & Me & Pooneil. Si sviluppa su di una ritmica pigramente lisergica, ma decisamente di stampo sperimentale sia nello sviluppo degli innesti dei vari strumenti che succedono abilmente tra brevi assoli, sia nello scambio delle doppie splendide voci liriche. Ha una melodia fluttuante e oscillante ed una commistione tra strumenti moderni e tradizionali molto coinvolgente, il testo si riferisce agli effetti dell’acido lisergico. Poi A Small Package of Value Will Come To You, Shortly, con sinestesia ottenuta da suoni elettronici, strimpelli di campane, schiamazzi, ideato come se fosse un free jazz, che si conclude con la frase: No man is an island…he's a peninsula! per congiungersi alla successiva traccia Young Girl Sunday Blues. La voce guida è quella inconfondibile di Grace Slick. Il brano non diviene mai eccessivamente lungo e tedioso come può avvenire nei tipici prolissi jam lisergici, ma acquisisce stabilità e sonorità grazie al sapiente arricchimento delle linee melodiche strumentali e nei repentini cambi vocali. Il gioco dei vocalizzi si ripete nuovamente nella splendida canzone Martha. Equilibrata, avvolgente. Una solitaria chitarra elettrica, periodicamente accompagnata da una ritmica folk, si scinde dal contesto, si amalgama a piacimento spostandosi nei diversi pattern della composizione, per poi interrompersi e lasciare un ampio spazio alle stupende voci d’insieme che vanno a concludere definitivamente la canzone, librandosi nell’aria circostante. All'istante ci ritroviamo in un canto liberatorio, non è precisamente una canzone, ma un inno dionisiaco: è Wild Tyme. Grace Slick grida con la sua energica timbrica: I see love all the time I need love, your love! e tra visioni oniriche e allucinogene, Jorma Kaukonen, con la sua chitarra dal sound stridulo e con un gain maggiormente spinto, ci immerge nella canzone The Last Wall of the Castle. Sperimentale, innovativa, maledettamente trascinate nei suoni e negli assoli di chitarra che infine, senza esitare, ci catapulta nell’ultima traccia del lato A: Rejoice. Nei suoni dell’intro è un brano che, personalmente, mi ricorda lo stile ballad, free-jazz tipico del pianista Cecil Taylor, anche sei qui, i Jefferson Airplane, riescono a produrre un suono maggiormente jazz/rock sperimentale. Grace Slick, nella composizione del brano probabilmente, intendeva onorare lo scrittore James Joyce e il suo romanzo Ulisse, qui sviluppato su di un arrangiamento come in un flusso di coscienza, caratteristico dello stile dello scrittore irlandese. È ancora la voce di Grace Slick ad aprire il canto e, tra suoni emessi da un clarinetto arabo, varie citazioni liriche e in particolare con la frase del testo: War's good business [..], i Jefferson Airplane evidenziano anche l’interesse per la lotta al sistema. In seguito, Paul Kantner apre il brano Watch Her Ride. Corale nelle interazioni tra Paul e Grace, vivo nel testo e nei suoni che diventano atonali negli inframezzi, per infine cambiare completamente forma nella successiva traccia interamente strumentale e progressiva dal titolo Spare Chaynge. Un basso elettrico che sfida la batteria, poi un suono di chitarra free si introduce nella composizione e, con una serie di tamburi tuonati si innesca un suono ciclico che perdura per oltre nove minuti, in una visione globale d’insieme sinteticamente cosmica. Non è un brano complesso nel suo sviluppo, ma riesce ad illustrare e molto bene, tutta la capacità tecnica di questa band che attesta l’interesse nel volersi spingere verso nuove ed inesplorate sonorità. Poi è Grace Slick che ci riporta nello stile dei Jefferson Airplane, con la canzone Two Heads. Nessun riff particolarmente mnemonico, ma solo un insieme di suoni cool tra un hi-hat ad accompagnare la voce di Slick. Con un brano riempitivo inneggiante Won't You Try e, con soluzione di continuità, si conclude la suite finale con il brano Saturday Afternoon. È sabato pomeriggio, c’è una festa in un parco su una collina nella città di San Francisco e, tra “incense and balloons”, si ricercano quelle opinabili e nuove esperienze sincretiche esistenziali.

Gli anni sessanta, con la breve epopea del flower power, hanno condizionato indiscutibilmente i linguaggi sociali di ogni genere, contaminando la musica, la grafica, il cinema ed hanno avviato, col passare degli anni, i diversi movimenti di contestazione sociale che emergeranno lentamente nelle varie regioni del mondo, fino a fornire argomenti teorici per alcuni attuali movimenti progressisti libertari. La musica, principale forma di linguaggio del periodo controculturale, ha rappresentato, senza precedenti nella storia, il movimento, veicolando un pensiero ed una dissimile idea di vita, rischiando, nientemeno, di sovvertire quelle solide colonne sulla quale si ergeva la società imperante.
After Bathing At Baxter's è un disco che rappresenta un grande passo in avanti, verso quel forte e sentito desiderio di voglia di cambiamento, di sperimentazione, di ricerca ed innovazione che la stessa società rivendicava, mentre la stessa musica psichedelica si stava orientando, con rapido sviluppo, verso il futuro prossimo.
I Jefferson Airplane hanno decisamente vissuto in prima persona quegli anni musicali sostenuti dalla contestazione sociale, componendo abilmente suoni sperimentali e canzoni trascinanti di inestimabile ed ineguagliabile valore storico-musicale a testimonianza che, oggi come nel passato, con la forza della musica si può veramente tentare di cambiare il mondo.

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