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La parabola degli Yes inizia a Londra nel 1968 eccellendo nell’eseguire cover di altri gruppi modificandole, però, in modo da renderle più lunghe e complesse.
Dopo aver realizzato due discreti album (Yes e Time And A Word), la line up originaria cambia grazie all’innesto del fantasioso chitarrista Steve Howe in sostituzione del più convenzionale Peter Banks: la band diventerà soprattutto grazie a lui una delle più importanti del movimento rock progressivo degli anni settanta.
La nuova formazione pubblicherà nel marzo del 1971 The Yes Album, prodotto unitamente a Eddie Offord (famoso per aver lavorato anche con gli Emerson Lake & Palmer), che rappresenta uno dei vertici assoluti della loro produzione e vero e proprio punto di riferimento di tanti gruppi dediti al progressive rock.
Il talento di Howe trasformerà radicalmente il songwriting degli Yes in quanto le composizioni diventeranno molto più articolate (non mancano, ad esempio, palesi riferimenti alla musica classica) e porranno in costante evidenza l’eccezionale virtuosismo dei singoli componenti. In tal senso è giusto parlare degli Yes definendolo un vero e proprio supergruppo.
I brani presenti su questo disco verranno eseguiti a lungo nelle esibizioni dal vivo a testimonianza della loro bellezza che permane tutt’oggi immutata a distanza di quasi quarant’anni.

La cover piuttosto lugubre contrasta con la cristallina armonia del platter che include quattro lunghe composizioni da annoverare, in particolare la stratosferica Yours Is No Disgrace, tra i classici del gruppo e due brevi giudicate sovente meno importanti (anche se l’acustica The Clap, pur essendo avulsa dal contesto strutturale dell’album, è una vera e propria perla country/ragtime di Howe, dedicata al figlio di Dylan, qui registrata dal vivo al The Lyceum di Londra il 17 luglio 1970).
Le tracks sono dinamiche passando da linee suadenti e melodiche a parti più sostenute dove gli eccezionali componenti della band danno sfoggio della loro incommensurabile tecnica; il versatile vocalism quasi fanciullesco di Jon Anderson ha il potere di soggiogare l’ascoltatore, mentre le lunghe cavalcate strumentali si dipanano ponendo in particolare evidenza il fraseggio chitarristico di Steve Howe: i suoni prodotti dalla sua sei corde (la preferita è la Gibson ES-175) sono avvolgenti e corposi diversi da quelli proposti da tanti altri perché più ricercati; le sue escursioni quasi jazzistiche vestono le song di arricchimenti barocchi tracciando i prodromi per le lunghe suite divise in più movimenti che saranno sviluppate più significativamente nei full lenght successivi.
Assolutamente epico l’assolo di chitarra contenuto in Würm -composta originariamente da Howe quando militava nei Bodast- facente parte di Starship Trooper.
I've Seen All Good People ha anche venature quasi folk ed è un brano che ho sempre amato molto gioioso e solare.

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Classic Rock

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