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Tipico sintomo dell’amore è lo svolazzare di soavi farfalle nello stomaco. Osservando la coloratissima copertina di uno dei grandi dischi degli Anni Sessanta, vediamo invece le farfalle uscire bizzarramente dalla testa di un personaggio dall’aria alquanto misteriosa.
Stiamo parlando di Face to Face, quarto album (il primo è del 1964) della prolifica discografia dei Kinks, un gruppo che – nel confronto con altri grandi di quel decennio (Beatles, Rolling Stones e tanti altri) – troppo a lungo è stato considerato di serie B (“underrated” direbbero gli inglesi).
Prima della riscossa iniziata con il tour del 1969 la fama dei Kinks aveva sofferto soprattutto oltre oceano a causa del divieto – ricevuto dalla Federazione Americana dei Musicisti – di esibirsi negli USA: il severo strale era conseguenza della turbolenza dimostrata sul palco (Cardiff 1965). Le vendite nel Paese dei loro dischi, assai al di sotto di una soglia soddisfacente, risentivano di tale situazione.
Ma veniamo al disco che ci interessa di più. La qualità della scrittura e della composizione di Ray Davies – frontman del gruppo – aveva già iniziato a conoscere un sensibile decollo a partire da The Kink Kontroversy (novembre 1965), quando il musicista aveva scelto di costruire una propria originalità commentando vignette e tratteggiando personaggi dell’Inghilterra a lui familiare (la coloritura così “british” di tali gioielli è una delle conseguenze della forzata lontananza dagli States).
Face to Face, forte dell’esperienza del precedente LP, vede il consolidarsi di questa arguta e brillante capacità di osservazione, abilmente intrecciata con il racconto di esperienze e sensazioni personali: i personaggi, che la satira trasforma in vere e proprie macchiette, fanno capolino in pezzi memorabili come “Dandy” (le cui sonorità riecheggiano quelle di “Dedicated Follower of Fashion”), e soprattutto il duo “A House In The Country” e “Most Exclusive Residence For Sale”, i cui protagonisti sono ricconi che conducono esistenze insipide o che sono state rovinosamente affogate nell’alcool dopo aver dilapidato i denari (nel ’67 vi si aggiungerà la satira sferzante di “Mr. Pleasant”).
Esperienze di vita personale, dolorose o spiacevoli, le intravvediamo in pezzi come “Rosie Won’t You Please Come Home” (dedicato alla ferita del distacco di una sorella emigrata nel 1964 in Australia), mentre “Too Much On My Mind” e “Session Man” sono significativi del clima in cui si colloca la svolta di Face to Face, dal momento che “Too Much” allude a quello stress di impegni (tournée incalzanti, brani da registrare per i nuovi dischi o per trasmissioni radiofoniche, comparse televisive) che avevano provocato in Ray l’esaurimento nervoso, mentre “Session Man” li denuncia apertamente presentando un musicista che la tirannia delle compagnie discografiche (in questo caso la Pye Records) hanno alienato trasformandolo in una macchina che sforna successi a nastro.
Sottrarsi ad una logica che privilegiava la quantità a scapito della profondità qualitativa era possibile, come dimostravano gli stessi Kinks del 1966 e come avrebbero dimostrato anche i Beatles a partire dall’autunno di quello stesso anno.

Tracce

Lato 1

1. Party Line 
2. Rosie Won't You Please Come Home 
3. Dandy 
4. Too Much on My Mind 
5. Session Man 
6. Rainy Day in June 
7. A House in the Country 

Lato 2
1. Holiday in Waikiki 
2. Most Exclusive Residence for Sale 
3. Fancy 
4. Little Miss Queen of Darkness 
5. You're Lookin' Fine 
6. Sunny Afternoon 
7. I'll Remember 

Classic Rock

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