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Classic Rock

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Avrebbe dovuto chiamarsi "A Doll's House", universalmente noto come "White Album" e all'anagrafe "The Beatles", il nono album dei Fab 4 vide la luce nel 1968, anno in cui, a detta di Mr. George Harrison, l'ego d'ognuno stava letteralmente impazzendo. Orfani della guida di Brian Epstein, i Beatles erano mantenuti tali dalla personalissima ostinazione di Paul McCartney il quale, diversamente da Harrison e Lennon, non era ancora pronto ad esporsi in prima persona con un progetto solista. Frutto delle tre ormai pressoché indipendenti singolarità McCartney-Lennon-Harrison tradisce il genio musicale del primo, la nascente introspezione del secondo e la sete d'espressione (cronicamente soffocata) del terzo.
"The Beatles" è il disco dell'esasperazione di Starr che durante la registrazione della open track abbandonò lo studio senza che gli altri battessero ciglio, dello storico ingegnere del suono, Geoff Emerick e perfino del fondamentale produttore George Martin il quale, dopo mesi di lavorazione, trovò più salutare andarsene in vacanza e lasciare il tutto nelle mani del ventiduenne Chris Thomas (il quale apprese le proprie consegne da un biglietto lasciatogli da Martin sulla scrivania) piuttosto che farsi strattonare tra uno studio e l'altro. Non è infatti un mistero che una buona parte dei pezzi sia stata registrata separatamente (nel senso letterale del termine) dal Beatle di turno. Dimostrazione delle diverse firme in sede di produzione è la discrepanza tra la delicatezza di "Blackbird", la costipata compressione di "Savoy Truffle" e una "The Continuing Story Of Bungalow Bill" prossima alla presa live.
Antitesi grafica di "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band" (1967) e meraviglioso intermezzo tra le colonne sonore quali "Magical Mystery Tour" (1967) e "Yellow Submarine" (1969), "The Beatles" è indefinibile in termini di genere. Dal rock da manuale di "Back in the U.S.S.R." al primo ska d'ispirazione giamaicana di "Ob-La-Di, Ob-La-Da", passando per lo strascico psichedelico di "Glass Onion" e l'incompresa sperimentazione di "Revolution 9", il White Album contiene, a detta di molti, le due tracce che inventarono il rock anni '70 e l'heavy metal. Rispettivamente "While My Guitar Gently Weeps" (il cui assolo si deve a niente meno che Eric Clapton) e "Helter Skelter" non potevano che trovare l'ideale collocamento in una delle tracklist più originali e varie della sempre ispirata produzione beatlesiana.
Regina dell'opera, nonché solo vero momento di coesione creativa, è "Happiness Is A Warm Gun". Figlia di Lennon, intimamente dedicata a Yoko Ono e battezzata da Martin, riassume un ampio ventaglio di stili, dall'acid rock all'improvvisazione ritmica del jazz, tanto che lo stesso autore la definì: "una storia del rock'n'roll". In fin dei conti ascoltarla è l'unico modo di riassumere il carattere dell'intero progetto in 2:44 netti.
Considerato da molti, Martin incluso, troppo lungo, l'insindacabile verità è che non c'era altra via per render giustizia alla meravigliosa varietà di materiale del '68. Più che un doppio album, "The Beatles" sa d'antologia tanto eclettica quanto disunita tanto che vien da chiedersi se il titolo non sia stato scelto per rassicurare il pubblico che la band, che quell'anno aveva speso più tempo a meditare in India piuttosto che a suonare sui palchi da cui era ormai lontana anni luce, ancora esistesse.

 

Tracce

 

Lato A
01. Back In The U.S.S.R.
02. Dear Prudence
03. Glass Onion
04. Ob-La-Di, Ob-La-Da
05. Wild Honey Pie
06. The Continuing Story Of Bungalow Bill
07. While My Guitar Gently Weeps
08. Happiness Is A Warm Gun

 

Lato B
09. Martha, My Dear
10. I’m So Tired
11. Blackbird
12. Piggies
13. Rocky Raccoon
14. Don’t Pass Me By
15. Why Don’t We Do It In The Road
16. I Will
17. Julia

 

Lato C
18. Birthday
19. Yer Blues
20. Mother Nature’s Son
21. Everybody’s Got Something To Hide Except Me And My Monkey
22. Sexy Sadie
23. Helter Skelter
24. Long, Long, Long

 

Lato D
25. Revolution 1
26. Honey Pie
27. Savoy Truffle
28. Cry, Baby, Cry
29. Revolution 9
30. Good Night

 

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